Marco Bugatti
– ELLEPACK
Intervista di Ivan Giorgio Ramaroli
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[Un’azienda dall’anima camaleontica]

Ellepack è un’azienda di lunga esperienza, con un’anima progettuale molto sviluppata. Che evoluzione ha conosciuto nel contesto dinamico, e per certi versi imprevedibile, del mercato degli ultimi anni?

Nei suoi oltre quarant’anni di attività, Ellepack ha conosciuto una grande evoluzione e uno sviluppo molto significativo nell’approccio al mercato. Prima, come molte aziende manifatturiere, soprattutto piccole manifatturiere – nel settore dell’imballaggio, ma non solo – la sua attività e il suo modo di relazionarsi con il mercato erano fondamentalmente orientati al prodotto.

Più precisamente, Ellepack produceva e vendeva una serie di prodotti termoformati, in particolare valigette blister destinate al display dei prodotti, e quindi trattava squisitamente un prodotto di packaging. Nel corso degli anni, ha sviluppato un grande know-how nella termoformatura e una maggiore conoscenza del settore dell’imballaggio e della logistica, e naturalmente la sua attività si è evoluta verso un approccio diverso che ha superato l’approccio tradizionale del prodotto.

Gli elementi che hanno contribuito a questa discontinuità con il passato sono stati diversi: da una parte c’è stato un naturale interesse per l’evoluzione del mercato, e quindi il tentativo costante di trovare spazi più profittevoli e ambiti di crescita; dall’altra parte, contemporaneamente, si è presentato come fattore di sviluppo la crisi, soprattutto quella del 2008, ma non solo.

I momenti di crisi del mercato rappresentano un’opportunità per le aziende di capire che è necessario cambiare per rispondere al mercato, il quale soprattutto in anni recenti si è dimostrato mutevole, quasi liquido. Le aziende devono essere camaleontiche e questo è il motivo per cui, tra l’altro, a un certo punto Ellepack ha scelto come simbolo proprio il camaleonte, un animale che ha la capacità di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente modificando il colore della propria pelle. Il fatto di mutare, evolvere e adattarsi è diventato un po’ il nostro mantra, la nostra vision: sforzarsi di non essere cristallizzati in un’idea di azienda, perché oggi non siamo più quello che eravamo quarant’anni fa e credo, anzi mi auguro, che tra quarant’anni non saremo quelli di adesso.

Le aziende devono essere camaleontiche: mutare, evolvere, adattarsi è il nostro mantra

[Il cliente al centro: dall’ascolto alla partnership]

Quali sono il flusso e il processo che seguite dalla richiesta del cliente fino alla realizzazione di un manufatto?

Oggi il nostro business model, il processo che ci vede affrontare il mercato, è articolato in più fasi. La prima è quella più importante per noi, perché è la fase di ascolto del cliente. Abbiamo ormai superato l’approccio “per prodotto”, non perché vendere un prodotto sia di per sé un elemento negativo, ma perché con il tempo siamo entrati in una dinamica con il cliente molto più complessa. Per noi, che ci siamo spostati negli anni dal semplice packaging, blister o valigetta al vassoio per movimentazione, e quindi siamo approdati a un prodotto più logistico che di packaging, era ed è necessario capire quali sono i problemi che il cliente vuole risolvere e che chiede di risolvere con il supporto del prodotto termoformato. Quindi la fase iniziale di ascolto è quella più importante, perché dobbiamo comprendere esattamente di che cosa ha bisogno il cliente, che cosa sta cercando realmente.

Una volta che abbiamo acquisito i dati dal cliente, li mettiamo a frutto nelle fasi successive fino ad arrivare, sulla base dell’esperienza che abbiamo nella termoformatura, a proporre una soluzione. Questa proposta è anzitutto tecnica e poi naturalmente, se c’è interesse da parte del cliente, si arriva alla proposta economica. A questo punto, spesso si passa alla prototipazione, una fase in cui il cliente verifica le caratteristiche del prodotto e la soluzione tecnica che stiamo offrendo fino ad arrivare alla produzione industriale vera e propria.

In queste ultime fasi cerchiamo di limitare i follow-up tecnici (conseguenti alla verifica di come sta andando la produzione del vassoio), perché crediamo che, se abbiamo lavorato bene prima, non dovrebbero emergere particolari problemi in fase produttiva. Il condizionale è d’obbligo, infatti i problemi naturalmente possono sempre manifestarsi, non tanto perché il cliente ci ha nascosto qualcosa, ma perché nella produzione e nell’utilizzo ci sono sempre delle variabili imponderate o imponderabili. In questi casi i follow-up tecnici servono a migliorare la soluzione che si sta attuando e soddisfare del tutto la richiesta del cliente. Il nostro obiettivo, però, è di non avere follow-up, proprio perché per noi il focus più importante è l’ascolto preliminare del cliente: è l’inizio che ci caratterizza, è lì che cerchiamo di comunicare con il cliente e di attuare un approccio focalizzato sulle sue esigenze più che sul prodotto.

A volte succede che, se il cliente non sa bene che cosa vuole e non è ancora orientato per esperienza personale all’acquisto di un vassoio termoformato o di un prodotto termoformato, il nostro approccio è più ampio, quasi da consulenti, e dove si pone uno specifico problema logistico di movimentazione del prodotto, di trasporto, di consegna e quant’altro, non sono rare le volte in cui noi sconsigliamo la soluzione termoformata, perché la riteniamo non adeguata.

Questo è un modo di operare a cui noi teniamo molto, ovviamente non perché non vogliamo vendere o valorizzare il termoformato… al contrario, cerchiamo sempre, attraverso le capacità tecniche che abbiamo internamente e tutto il know-how che abbiamo acquisito negli anni, di “piegare” la termoformatura a tutte le possibili situazioni, trovando anche soluzioni laddove non si pensava di poter utilizzare la termoformatura e si usavano prodotti metallici.

Il nostro scopo, quindi, è cercare il più possibile di adattare la tecnologia della termoformatura a tutte le esigenze che ci vengono poste, ma naturalmente, siccome il nostro approccio è orientato al cliente, vogliamo dargli la possibilità di rendere economica la soluzione sotto tutti i punti di vista: giusta qualità, giusta economia, giusta prospettiva, durabilità del prodotto, tutela dell’ambiente… tutta una serie di elementi nella catena dei valori, che poi possono accreditarci presso il cliente al di là del prodotto, anzi, molto di più del prodotto. In altre parole, non vendiamo solo un prodotto, ma soprattutto una soluzione e, cosa che ci sta molto a cuore, una partnership con noi, che vogliamo presentarci come un fornitore che è anzitutto un partner tecnico.

Nel nostro business model, la fase più importante è l’ascolto del cliente

[La strategia della flessibilità: vincere in un sistema complesso]

Avete tanti settori manifatturieri da soddisfare: il trasporto, la movimentazione, l’imballaggio, l’automazione… Con la vostra natura “camaleontica”, quali sono le difficoltà nel rispondere ad aziende così diverse fra loro, che esprimono esigenze complementari, ma anche richieste molto differenziate?

Il fatto che il nostro prodotto sia un prodotto trasversale ha due conseguenze. Innanzitutto c’è il fatto che possiamo servire un ventaglio molto ampio di settori. Tra i nostri settori di intervento oggi quello trainante è l’automotive, poi vengono la meccanica e il settore dell’elettromeccanica, dell’elettronica, il medicale e così via. Certamente, quindi, la trasversalità del prodotto è un punto di forza, che ci permette di variare la nostra presenza nel mercato. Questo ci consente di essere meno soggetti a crisi settoriali e riuscire a mantenere un equilibrio nel mercato senza legarci troppo ad ambiti specifici, che nei casi di flessione potrebbero limitare il nostro raggio d’azione.

Poi, però, esiste un aspetto di difficoltà, che non è insormontabile ma che ci chiama a una maggiore “intelligenza”, nel senso di una maggiore capacità di analisi di fronte a settori che hanno esigenze diverse. Queste differenze sono correlate a capacità budgettarie diverse: ci sono settori “premianti”, dove l’attenzione alla qualità e alla soluzione di massimo livello è prioritaria, e dove di conseguenza il budget dedicato a un prodotto comunque complementare come quello del termoformato (che di fatto è un imballaggio) è molto ampio. È il caso di settori che, per come sono conformati, affidano a questo particolare imballaggio che è il vassoio un’importanza fondamentale, non dico strategica, ma sicuramente lo considerano un elemento importante nella catena del valore.

La trasversalità del prodotto è un punto di forza che ci permette di variare la nostra presenza nel mercato

L’esempio più calzante è quello del settore automotive: per noi si tratta di un settore premiante che ci qualifica e ci obbliga a qualificarci, perché è un ambito in cui la qualità e i sistemi certificativi sono ai massimi livelli, e perché è un settore molto complesso e diramato. Intorno ai grandi player dell’automotive, infatti, si sviluppa una rete assai articolata che prevede una logistica molto complessa, perché un prodotto viene lavorato in sedi diverse, o in Paesi diversi, anche oltreoceano, e questo tipo di movimentazione da plant a plant è un elemento molto caratterizzante. Ci troviamo quindi di fronte a un processo che da una parte è molto elaborato e dall’altra è portatore di un’esigenza di qualità altissima. Questo significa che, quando noi approcciamo il settore automotive, abbiamo delle problematiche di tipo tecnico che sono primarie: naturalmente il prezzo è un elemento sempre portante, e non lo si può mettere in coda a una proposta commerciale, però in questi casi l’elemento tecnico è fondamentale e risulta molto gratificante per noi.

Ci sono invece altri settori, per esempio il settore delle forniture industriali di vario tipo, come possono essere la rubinetteria o i prodotti di minuteria metallica, dove il budget destinato all’imballaggio è molto più basso. In contesti come questi, i nostri ragionamenti, pur dovendo ovviamente risolvere il problema tecnico e quindi offrire un vassoio che serva allo scopo per cui è stato richiesto, devono tenere conto. in maniera più significativa che nell’automotive, anche dei vantaggi che il cliente ottiene dal punto di vista del risparmio.

Ci sono infine altri settori, dove il prodotto può essere anche abbastanza semplice, ma l’affidabilità organizzativa generale dell’azienda e la sua capacità di mantenere uno standard qualitativo molto alto sono più importanti del prodotto stesso: parlo del settore medicale, dove naturalmente è molto importante accreditarsi, perché si tratta di aziende in cui l’attenzione alla qualità del prodotto e dei processi è al massimo grado.

Sono dunque questi gli aspetti di difficoltà che riguardano un po’ tutti i settori con cui interagiamo, e che però vengono modulati diversamente a seconda del singolo cliente e dello specifico ambito. Quando veniamo interpellati a proporre delle soluzioni, quindi, dobbiamo cercare di capire con precisione a quale settore ci stiamo riferendo e dobbiamo saper cogliere quali sono le esigenze primarie, portanti di quel determinato settore, in modo tale da elaborare proposte sempre più confacenti alle esigenze che emergono.

Al tempo stesso una parte di difficoltà consiste nell’affrontare i diversi aspetti tecnici, perché quando noi progettiamo entriamo nel tecnico, e il tecnico dell’automotive è diverso dal tecnico del medicale, o dell’alimentare o di altri settori. È chiaro che noi non potremo mai, né mai ci sarà chiesto di essere degli esperti di meccanica, però abbiamo a che fare con settori diversi e quindi dobbiamo cercare di capire tecnicamente che cosa ci stanno dicendo i nostri clienti, cioè qual è il flusso produttivo che hanno al loro interno, spesso differente da settore a settore. Anche in questo caso la parola d’ordine è adattarsi, modularsi a seconda del settore: il nostro è un approccio progettuale alla massima espressione; nonostante la lunga esperienza che possiamo vantare, per noi è come se fosse sempre la prima volta. Il “progetto” è anche questo: saper ricominciare ogni volta daccapo.

Nonostante la nostra lunga esperienza, per noi è come fosse sempre la prima volta

[La frontiera dell’automazione]

L’automazione di magazzino in quest’ultimo anno ha registrato un notevole incremento. Come vi sta influenzando l’automazione nella produzione, nel magazzino, nella logistica?

L’automazione industriale in questi anni per noi è stata un elemento di crescita. Fin dall’inizio abbiamo creduto molto all’utilizzo del vassoio nelle linee automatizzate, abbiamo creduto che questo sarebbe diventato negli anni un elemento fondamentale per l’incremento dell’automazione industriale delle imprese e quindi ci siamo volutamente focalizzati su questo aspetto. Di conseguenza abbiamo necessariamente dovuto imparare ad affrontare tutta una serie di esigenze che nascono dall’applicazione dell’automazione. Siamo cresciuti molto dal punto di vista della conoscenza tecnica in termoformatura e nella specializzazione del “vassoio per automazione”.

L’automazione ha delle esigenze molto sofisticate rispetto alla movimentazione manuale. Se devo progettare un vassoio che entra in una linea automatizzata, devo prevedere tutta una serie di problematiche che non esistono nel processo manuale: la presa con pinza o con ventosa, il movimento di un robot, lo scorrimento su tapis roulant o su rullo, lo spostamento ecc… Tutti sappiamo che il robot è una gran cosa, ma è comunque programmato e quindi il mio vassoio deve rientrare all’interno di uno standard prestabilito che lascia pochissimo spazio all’improvvisazione e a range variabili, con conseguenze pratiche molto stringenti, come per esempio le misure delle sedi che devono essere prodotte termoformate con una precisione decimale.

Da questo punto di vista, il settore dell’automazione è stato per noi un elemento di crescita dal punto di vista tecnico, ci ha permesso di farci conoscere come partner ideali per offrire soluzioni adatte alla linea automatizzata. Per questo stiamo presidiando sempre di più questo ambito. È una scelta dettata da una considerazione generale: l’elemento qualificante del “vassoio per automazione” è che alla difficoltà di progettazione (che richiede una maggior precisione rispetto agli standard) fa da contraltare il fatto che un vassoio correttamente progettato diventa un elemento fondamentale e irrinunciabile nelle linee automatizzate.

L’automazione presenta quindi solamente aspetti positivi?

Non esattamente, esiste anche il rovescio della medaglia. Quando noi progettiamo un vassoio automatizzato, abbiamo anche un’enorme responsabilità: infatti, se ho prodotto un vassoio che funziona bene, evito il grande problema di un’azienda che ha una linea automatizzata, cioè il fermolinea, che è costosissimo; se invece il vassoio non è progettato bene, rischia di fermare la linea di produzione e può generare un grande danno per il mio cliente. In tutto questo, esiste una difficoltà legata alla comunicazione. Per noi non è sempre facile trasmettere questo valore aggiunto: risulta evidente che una soluzione tecnica di questo tipo richiede tempo, richiede ascolto, richiede analisi, però alla fine quello che vendiamo, una volta che viene prodotto, è apparentemente simile a qualunque altro vassoio. In realtà è quello che ci sta dietro che ha reso più complesso il lavoro di termoformatura, perché di per sé la termoformatura è un processo molto semplice, non è una lavorazione che comporta grandi difficoltà tecniche, non siamo nell’ambito dell’alta tecnologia. È la progettazione la fase che conta di più, soprattutto quando si tratta di linee automatizzate.

La termoformatura di per sé è un processo semplice, è la progettazione la fase più complessa

Nel campo dell’automazione intravede dei cambiamenti nel breve periodo?

Quello che vediamo noi è che l’automazione industriale sta crescendo. Non è certamente una crescita esponenziale: automatizzare le linee produttive non è semplice, non solo perché richiede spesso grandi investimenti, ma anche perché esige un cambiamento di mentalità nei processi aziendali. E non sto parlando del fatto che una linea automatizzata esclude l’utilizzo della manodopera, e che quindi crea un problema di riduzione della manodopera generando, come qualcuno pensa, disoccupazione; l’automazione in realtà richiede manodopera molto più qualificata. Oggi, soprattutto nelle grandi e medio-grandi aziende o comunque nelle aziende sviluppate della meccanica ma non solo (per esempio l’automotive), quello che era il classico operaio è un tecnico formato con grandi capacità.

Lo sviluppo non è senz’altro velocissimo, perché l’automazione richiede tanti cambiamenti in un’azienda, però certamente la strada è segnata perché l’automazione consente innumerevoli salti di qualità per un’impresa. Sicuramente ci sono Paesi avvantaggiati, come la Germania, dove l’automazione è più sviluppata, perché il tessuto industriale è meno di stampo familiare e più ampio del nostro, caratterizzato ancora dalla piccola impresa. Devo dire, però, che anche nella piccola impresa ci sono grandi possibilità di sviluppo anche in questo senso, e questo mi fa dire che l’automazione è un settore in grande crescita.

[La sfida dell’innovazione: formazione continua e soluzioni digitali]

Andiamo un po’ dietro le quinte: all’interno della vostra azienda, come gestite l’equilibrio tra metodi produttivi più tradizionali e più automatizzati?

Ellepack in questi anni ha ascoltato il mercato, cercando di adattarsi alle diverse esigenze settoriali, alla crescita, alle nuove richieste generate appunto dall’automazione e altro. Però è bene puntualizzare che questa vision di Ellepack nasce fondamentalmente perché noi per primi internamente desideriamo crescere non solo dal punto di vista quantitativo (obiettivi di fatturato, di crescita, di sviluppo), ma prima ancora dal punto di vista professionale, come premessa per poter arrivare successivamente anche a una crescita dimensionale.

Le nostre politiche interne con il personale dipendente fondamentalmente sono quelle di uno sviluppo delle professionalità di ogni singolo collaboratore in Ellepack; e naturalmente il perfezionamento della professionalità è legato anche alla possibilità di lavorare in un luogo dove si possa star bene: questa per noi è la premessa per poter poi sviluppare e rendere sempre più moderna Ellepack.

Il nostro approccio è quello di puntare anzitutto all’interno per poter conoscere l’esterno: un’azienda che fosse conformata agli standard tradizionali di un mercato vecchio sarebbe incapace di ascoltare il mercato; se noi per primi non cerchiamo strumenti nuovi, non cerchiamo formazione e professionalità, non potremo mai essere un soggetto in grado di ascoltare il mercato. Sarebbe la premessa per non riuscire nemmeno a iniziare quello che oggi abbiamo un po’ disegnato come il nostro modello di business.

Che cosa state facendo concretamente in questa direzione?

Innanzitutto promuoviamo la formazione continua del personale interno, poi da ormai due-tre anni abbiamo avviato un percorso – ultimamente interrotto per ovvie ragioni dovute alla pandemia – per portare in Ellepack la lean-production. Per noi è stata una vera sfida, perché la lean-production è un sistema non modernissimo, datato anni Settanta, che però ancora viene considerato molto valido; tipicamente è utilizzato nella grande azienda, quasi mai è applicato nella piccola impresa, però il modello di fatto è adattabile anche alle piccole dimensioni.

È un percorso che stiamo facendo insieme, all’interno di Ellepack, per poter migliorare e innovare l’azienda, strutturandola internamente per processi con lo scopo da una parte di migliorare la qualità del lavoro e la responsabilità dei dipendenti, dall’altra di riuscire a misurare le performance aziendali e quindi accorciare il cosiddetto time to market, cioè il tempo con cui Ellepack riesce a raggiungere il mercato. Questo è da qualche anno l’obiettivo che ci siamo posti e che cerchiamo di misurare (con appositi follow-up) per capire se lo stiamo raggiungendo. Crediamo infatti che in un contesto economico sempre più fluido, la capacità di rispondere al mercato sia fondamentale. Per noi il time to market non è soltanto il “tempo” in senso stretto, cioè in quanto tempo consegno il prodotto, ma come, in quanto tempo, in che modo, con che capacità posso rispondere adeguatamente alle esigenze del mercato e ai suoi cambiamenti.

Le persone e la loro professionalità: è indicativo che, tra tutte le priorità, queste siano state citate per prime.

A questo proposito vorrei sottolineare anche che, fatta eccezione per questo momento pandemico che ha reso difficile la convivenza in azienda, noi organizziamo degli incontri formativi, con una cadenza quindicinale, per tutto il personale aziendale al completo. La formazione è continua in Ellepack, vale a dire che non stiamo parlando della formazione per l’antincendio o di corsi simili, ma di una formazione specifica che noi diamo a 360 gradi a tutto il personale. E rinunciamo anche a mezz’ora di produzione per organizzare momenti formativi in cui l’azienda si ferma e, in maniera guidata, si focalizza su problematiche di gestione interna, questioni tecniche più pratiche o questioni apparentemente teoriche ma che in realtà riguardano il modo di Ellepack di guardare il mercato e i suoi obiettivi. Per noi, rendere partecipi tutti di questo processo è una strada obbligata per ottenere la collaborazione utile e professionale dei lavoratori dell’azienda.

Puntare anzitutto all’interno per conoscere l’esterno: da noi la formazione è continua

Nei processi di innovazione, che ruolo ha il digitale e quanto sarà importante in prospettiva?

Per riqualificare Ellepack e renderla più moderna, inoltre, puntiamo sul grande strumento che oggi è a disposizione delle imprese, cioè sul digitale. La digitalizzazione dell’azienda è un percorso che abbiamo già intrapreso e che stiamo tuttora incrementando: investiremo molte energie e molti mezzi economici in macchinari e in strutture digitali. Non soltanto perché è un must di cui si parla molto, ma soprattutto perché digitalizzare realmente l’impresa produttiva e i processi manifatturieri – di fatto noi siamo un’azienda manifatturiera e quindi dobbiamo puntare su questo – significa avere la possibilità di rilevare i dati.

Automazione e digitalizzazione hanno diverse conseguenze positive: accelerare la produzione, migliorare la qualità e quindi arrivare sul mercato con dei prodotti competitivi, perché naturalmente la competitività è un complesso di qualità che deve caratterizzare la proposta aziendale. Ma prima di tutto questo ci sono i dati: raccogliere i dati oggi per noi è fondamentale e vuol dire raccogliere i numeri della produzione, in quanto tempo produciamo, con che capacità produttiva, quali sono gli scarti, come si comporta la materia prima in un certo impianto… sono tutte informazioni che a noi servono per poter monitorare l’andamento produttivo e collegarlo, interfacciandolo come è adesso, con tutti gli strumenti dell’amministrazione, del controllo di gestione, del marketing, che sono l’ambito aziendale rivolto al mercato.

L’obiettivo è quindi anche quello di attivare una comunicazione tra la parte produttiva e la parte commerciale e di marketing, che ha a che fare con la clientela e con il mercato, rendendo fluide le informazioni. Questa mole di dati viene innanzitutto utilizzata internamente per la nostra gestione, per migliorarla, monitorarla e capire quali sono le modifiche e gli sviluppi di cui abbiamo bisogno; ma si tratta anche di dati che, elaborati con la nostra esperienza, possono in qualche modo essere restituiti al mercato per poter comprendere meglio quali sono le possibilità e le potenzialità della termoformatura. È vero infatti che noi ascoltiamo molto il mercato e cerchiamo di dare soluzioni conseguenti, ma è altrettanto vero che, raccogliendo ed elaborando negli anni tutte queste soluzioni attraverso la nostra esperienza, cerchiamo di offrire al mercato prodotti il più possibile innovativi.

Digitalizzare realmente l’impresa produttiva significa avere la possibilità di rilevare i dati

[Dialogare con il cliente e il mercato]

Che approccio avete nel dialogo, nella cura, nella selezione dei partner e dei clienti?

In questo abbiamo avuto sempre un approccio molto tradizionale: il nostro commerciale inizia a scandagliare il mercato, fa azione di scouting con tutti i mezzi a disposizione (oggi per esempio c’è il web, che prima non c’era), conosce il mercato e le aziende, anche per prossimità – fortunatamente siamo immersi in una realtà a intensa produttività, quindi abbiamo tante realtà interessanti limitrofe. È un approccio con cui si cerca il contatto, ci si presenta, si presenta Ellepack e si cerca di capire dove e in che modo collaborare.

A questo approccio più tradizionale, che naturalmente è rimasto e non abbandoniamo, in questi ultimi anni abbiamo puntato sul web marketing. Abbiamo investito molto sul sito, sulla pubblicazione on line di articoli di tipo informativo riguardanti la termoformatura, che potessero aiutare chi legge a capire quali sono le caratteristiche di quello che facciamo, fin dove possiamo arrivare, quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi e via dicendo.

Puntando su questo, nel tempo siamo riusciti a fare quello che oggi si chiama inbound marketing, cioè riuscire ad avere richieste dal mercato attraverso la rete. Devo dire che questo investimento ha portato dei buoni risultati: oggi mediamente ci arriva più di una richiesta alla settimana attraverso il web. Questo non vale ancora per il mercato estero, dove bisognerebbe investire molto più tempo e molte più energie, ma funziona benissimo per quello italiano, che ancora oggi rappresenta il 90% della nostra produzione. In sintesi, quindi, a un approccio tradizionale abbiamo affiancato la ricerca del cliente attraverso il web.

Esiste infine un terzo canale, anch’esso tradizionale, che è quello della presenza fieristica: al momento partecipiamo a fiere di settore in Italia e in Germania come espositori, e questa attività ci consente di mantenere i contatti e di crearne di nuovi.

A un approccio tradizionale abbiamo affiancato la ricerca del cliente attraverso il web

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto di gestione e di rapporto con il cliente, o con il fornitore, si tratta sostanzialmente di instaurare un rapporto continuo. Per la natura del nostro prodotto, noi abbiamo una certa discontinuità con gran parte della nostra clientela, nel senso che spesso, dopo la vendita, non veniamo consultati per uno o due anni, perché il nostro non è un prodotto ad alta frequenza di consumo. Quindi per noi è molto importante mantenere vivo un contatto di tutti con Ellepack.

Per fare questo, utilizziamo un sistema organizzativo interno: il nostro staff commerciale ha delle persone dedicate al customer care, ciascuna delle quali ha un pacchetto di clienti che deve seguire anche oltre gli ordini e l’operatività giornaliera: di tanto in tanto ha il compito di contattarli per qualunque tipo di esigenza possa nascere, rendendo evidente e tangibile che Ellepack è sempre disponibile anche a valutare nuove possibilità di collaborazione, nuovi prodotti o altro. Questo è l’aspetto più tradizionale nella cura della clientela, un contatto diretto con le persone che rimane sempre un elemento fondamentale da non trascurare.

Affiancato a questo elemento più tradizionale ne esiste anche un altro, per così dire un po’ più innovativo, che è quello delle newsletter inviate alla clientela periodicamente, attraverso le quali informiamo su questioni riguardanti fondamentalmente la termoformatura e il mondo della plastica. Annualmente poi coinvolgiamo la clientela in una survey, in cui attraverso una serie di domande cerchiamo di capire quali sono le esigenze dei clienti e in che modo Ellepack può diventare più utile per la loro attività. Infatti abbiamo la pretesa di credere che il “pezzo di plastica” che vendiamo, se fatto in un certo modo, può migliorare le prestazioni produttive o logistiche della nostra clientela. Attraverso questo form cerchiamo anche di rilevare dalla clientela nuove esigenze o eventualmente lamentele: noi possiamo valutare solo internamente che cosa siamo, ma dobbiamo anche capire come siamo percepiti dal mercato. Nell’analisi della comunicazione, questo è un aspetto che ci interessa molto, perché non sempre c’è univocità tra le due cose: potrebbe accadere che l’azienda crede di porsi nel mercato con un determinato aspetto e valore, mentre in realtà quello che emerge nella percezione altrui è una cosa diversa. La consapevolezza di quello che siamo nel mercato è per noi un elemento strategico per poi migliorare e crescere.

Lo stesso approccio vale naturalmente per i fornitori. Abbiamo fornitori storici, ma non ci tiriamo mai indietro rispetto a nuove proposte, non perché vogliamo giocare al ribasso, ma perché ci interessa capire se nel mercato esistono partner/fornitori che, magari con un nuovo prodotto dalle caratteristiche diverse, possono generare un valore aggiunto per Ellepack. Il fornitore è un partner strategico, perché, se io riesco a ottenere da lui certe caratteristiche prestazionali della materia prima, a mia volta riesco poi a propormi sul mercato con un prodotto innovativo. Anche con i fornitori, quindi, cerchiamo sempre di instaurare la massima collaborazione.

La consapevolezza di quello che siamo nel mercato è un elemento strategico per crescere

[Tra un passato difficile e un presente incerto: quale futuro?]

A fronte di tutti gli strumenti che avete adottato, com’è andato quest’ultimo anno di mercato variabile e incerto?

Naturalmente il contraccolpo l’abbiamo subito come tutti. Sorvoliamo sul momento della prima pandemia, che ha congelato l’economia per un po’ di tempo, soprattutto perché non si sapeva quello che ci sarebbe stato nell’immediato futuro. Nel complesso, però, guardando a questo anno e oltre, la valutazione finale non è così negativa.

Dal punto di vista primario delle vendite, Ellepack ha subito un contraccolpo iniziale, ma poi il mercato per noi non è stato un mercato fermo. Riusciamo a mantenere una crescita simile a quella dell’inizio del 2020, e nel 2021 stiamo registrando un lieve trend di crescita. Devo confessare che dal nostro punto di vista anche i feedback che riceviamo dall’estero, dal nostro agente in Germania, non sono quelli di un mercato paralizzato, che non consuma: più precisamente, siamo di fronte a un mercato che ha bisogno di molte cose e che quindi sta consumando, ma lo fa giustamente in un clima di incertezza, quindi con prudenza. Abbiamo notato non tanto un ridimensionamento delle richieste, quanto tempi di risposta sui progetti molto più lunghi. Naturalmente qualche progetto interessante che era aperto si è chiuso, ma è stata più l’eccezione che la regola. Nel nostro caso, poi, i tempi si allungavano molto, perché i progetti che avevamo attivato con certe aziende rientravano in un progetto molto più ampio: per esempio, i nostri vassoi per automazione valgono circa il 2% dell’investimento complessivo ma, siccome tutto è collegato, spesso il cliente fermava tutto quanto il progetto, lo metteva in stand-by in attesa di capire come sarebbe andata.

Quindi nel complesso, dalla nostra prospettiva, non vediamo un mercato fermo, in bonaccia, ma un mercato vivo. Quello che è cambiato e che sta cambiando, non solo per noi ma un po’ per tutte le aziende, è che ci ha investito una nuova modalità di lavorare, e non parlo solo dello smart working. Abbiamo fatto i conti con un’organizzazione aziendale che è stata scossa dalla pandemia, come credo in tutte le aziende, e quindi ha dovuto per forza resistere a un nuovo assetto organizzativo un po’ più rarefatto. Però devo rilevare che fin dalle prime battute della pandemia il percorso riorganizzativo che avevamo intrapreso da due anni, centrato sul miglioramento della comunicazione interna e non ancora concluso, è stato l’elemento vincente perché siamo riusciti a collaborare, a essere reattivi con l’esterno e soprattutto a comunicare tra di noi, sia pure con modalità molto diverse, con la stessa efficacia che avevamo prima.

Non c’è stata una defaillance in questo senso, e noi abbiamo letto questo corso degli eventi come una conferma del fatto che la strada che avevamo iniziato è la strada giusta: è un percorso non ancora concluso ovviamente, perché abbiamo tantissime cose da migliorare, ma conosciamo benissimo i punti deboli sui quali dobbiamo lavorare. Nella grande negatività che è stata ed è ancora questa pandemia, per noi ci sono stati degli aspetti di conferma della bontà di un percorso che avevamo cominciato per tempo e che sicuramente adesso proseguiremo.

Quello che è cambiato e che sta cambiando è che ci ha investito una nuova modalità di lavorare

[Il trasferimento del know how: dalla famiglia ai manager]

Ellepack è un esempio virtuoso di piccola-media azienda italiana che, partendo da un’esperienza e da un valore quasi “artigianale”, oggi è rivolta verso un cambiamento che le ha permesso di affrontare anche questa crisi in un modo proattivo. Qual è il suo pensiero rispetto all’equilibrio fra tradizione e innovazione, che è sempre un punto critico per le piccole-medie aziende italiane?

Io vengo da una famiglia di imprenditori e all’inizio della mia attività ho lavorato nell’azienda di famiglia, quindi parlo per esperienza personale e conosco molto bene le dinamiche delle aziende familiari. L’azienda familiare è senza dubbio un valore in Italia e la conduzione “domestica” è sicuramente un punto di forza, perché la famiglia ha sempre un interesse costante rispetto alla propria attività che va al di là del capitale e del guadagno. Tant’è vero che, anni fa, uno studio aveva calcolato che la vita media di una piccola-media impresa italiana era doppia rispetto a quella del sistema anglosassone. Questo perché, prima che un’azienda familiare venga chiusa devono esserci dei motivi molto validi: difficilmente il titolare, quando comincia a non avere guadagni o magari i guadagni sono inferiori alle aspettative, chiude la sua attività.

C’è da dire, però, che nella conduzione familiare di un’azienda ci sono dei punti di debolezza dai quali bisogna emanciparsi. In questo senso, nei miei tre anni di collaborazione con Ellepack, ho assistito a un percorso messo in atto consapevolmente, in cui la famiglia ha attivato tutti i processi di cui abbiamo parlato fino ad ora proprio con l’obiettivo di emanciparsi da una visione esclusivamente familiare. Lo scopo dei titolari è managerializzare l’azienda soprattutto perché, e questo credo sia un grande punto di forza, nonostante mantengano la forza della famiglia che sa collaborare, sa fare sacrifici e quant’altro per l’azienda, nello stesso tempo sono consapevoli che il valore di un’azienda non può risiedere solo e sempre nella persona del titolare, ma deve essere trasferito.

Un tema che ci è molto caro, infatti, e che stiamo cercando di sviluppare, è il trasferimento del know how, che oggi è soprattutto dei titolari che hanno generato e cresciuto quest’azienda, per renderlo patrimonio di Ellepack: quindi non solo appannaggio di una persona, ma patrimonio aziendale. Solo così l’asset aziendale si rinforza ed è reale: oggi non sono poche le piccole aziende che hanno un grande valore sul mercato ma, private del titolare e di poche altre persone, non sanno conservare in sé il know-how, le capacità tecniche, il valore fondante.

Il trasferimento delle capacità che sono oggi insite in alcune persone è il tema cruciale che riguarda il futuro di Ellepack. È in gioco la sua capacità di proseguire al di là delle persone attraverso un ricambio generazionale o in altri modi. In ogni caso, Ellepack è sicuramente un’azienda familiare in cammino verso un’emancipazione manageriale.

Trasferire il know how: il valore di un’azienda non può risiedere solo e sempre nella persona del titolare

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  • Solare fotovoltaico
  • Condizionamento Riscaldamento

Pulizia – Igiene

  • Macchine pulizia industriale
  • Disinfestazione Pest control
  • Servizi di pulizia
  • Abbigliamento tecnico
  • Accessori lavoro e igiene

Fine linea Controllo Etichettatura RFID

  • Controllo qualità e sistemi CAP
  • Misura e prova
  • Dosaggio Conteggio Pesatura
  • Visione industriale
  • Identificazione RFID Tag Transponder
  • Etichettatura
  • Codifica Marcatura Bar code

Ecologia

  • Ventilazione Aerazione Destratificazione
  • Aspirazione Depolverazione
  • Trattamento aria Filtrazione
  • Recupero scarti e sfridi
  • Contenimento sostanze inquinanti
  • Smaltimento rifiuti
  • Risanamento post sinistro

Movimentazione

  • Sistemi di trasporto e movimentazione
  • Sistemi di sollevamento
  • Piattaforme di sollevamento
  • Manipolazione in assenza di peso
  • Trasporto pneumatico

Logistica – Distribuzione

  • Servizi logistici e trasporti
  • Outsourcing Centri logistici
  • Logistica aeroportuale

Sicurezza individuale e ambientale

  • Protezioni individuali
  • Antinfortunistica
  • Barriere mobili e fisse
  • Insonorizzazione
  • Protezioni tagliafuoco REI
  • Impiantistica antincendio
  • Evacuazione EFC Aspirazione
  • Ventilazione ATEX

Articoli tecnici

  • Particolari meccanici
  • Barre, tubi, lastre e profilati metallici
  • Viterie Bullonerie Molle
  • Sistemi di fissaggio Fastener
  • Utensileria

Imballaggio – Spedizione

  • Prodotti anticorrosione VCI VpCI
  • Imballaggio: macchine e sistemi
  • Imballaggio: accessori e attrezzature
  • Imballaggio: materiali e prodotti
  • Imballaggi finiti
  • Casse e pallet
  • Pallettizzazione

Servizi

  • Consulenze e progettazioni
  • Software e hardware
  • Lavorazioni speciali
  • Servizi on site
  • Eventi Expo Fiere Convention
  • Certificazione Collaudo
  • Ispezione Classificazione